Stamani i campi di Maccarese mostravano un'inedita veste bianca. Per il resto tutti gli ingredienti erano al loro posto: pavoncelle e guardiabuoi tra i solchi, garzette e cenerini nei canali, il pellegrino a caccia di piccioni. Praticamente inverno.
Per il resto d'Europa un'alzata di spalle, per noi romani assolutamente memorabile, i giornali la ricorderanno così.
Stamani i campi di Maccarese mostravano un'inedita veste bianca. Per il resto tutti gli ingredienti erano al loro posto: pavoncelle e guardiabuoi tra i solchi, garzette e cenerini nei canali, il pellegrino a caccia di piccioni. Praticamente inverno.
0 Comments
Ho deciso. Dopo il Circeo (data di recupero la prossima domenica, l'8: ci sono ancora posti liberi, ndr), il successivo Workshop di Fotografia naturalistica avrà luogo alla riserva naturale di Macchiatonda (comune di Santa Marinella). E sarà domenica 22 gennaio. Le foto in alto sono del sopralluogo di oggi. Da segnalare lo spettacolo, purtroppo lontano e infotografabile, di un falco pellegrino che si è fatto il bagno in una pozza al centro di uno dei pratoni alle spalle degli stagni retrodunali. Seminando tutt'intorno sguardi torvi, s'è dato una rassettata al piumaggio per una decina di minuti prima di sparire dietro agli eucalipti verso la via Aurelia. Altra giornata sulla neve. Anzi, la mattina. Nel pomeriggio ho preso la mia dose di pioggia scrosciante, ma con la soddisfazione di aver osservato la mia prima coppia di merli acquaioli nel Lazio. Credo che dalle mie parti siano davvero pochi, questi fantastici uccelli-palombari. Li ho visti solo per pochi attimi, sentendoli anche emettere il particolare verso.
Il ritorno a Roma è una breve corsa in autostrada per annegare alla fine nel traffico che non dà tregua (se non prima dell'alba; infatti all'andata me lo risparmio) del GRA. Oggi però effetti speciali. Ero in rassegnata coda, bombardato dalla prosa ineffabile di Vasco Rossi, quando dietro una nuvoletta di storni in atterraggio spunta un falcone. Fila come una lama diritto sulle auto incolonnate, fari accesi e tutto il resto, poi s'impenna seguendo i malcapitati. La fila proprio ora si muove, maledizione, e quello dietro mi suona... Ok, ok, vado. Cinquanta metri e la scena si ripete. Stavolta il falcone - direi proprio un altro - molla lo stormo di terrorizzati e sale a posarsi su uno dei lampioni del GRA ! Subito avanti un ennesimo falcone, questo mi sembra più grosso - gli altri erano certamente pellegrini - ma gli vedo chiaramente pendergli dalle zampe i geti. Un esemplare fuggito a qualche falconiere, quindi, chissà di quale specie - sacro? incrocio sacro-pellegrino? mah. Anche il suo assalto non va a segno e poi le auto vanno e la fila si esaurisce. All'EUR ogni tanto vado a vedermelo, lo show (cliccare sulle miniature per ingrandirle), e a provare qualche foto. Ma sul GRA e in questa misura non l'avevo mai visto. Non sarà facile trovare dove fermarsi, ma tornerò. Da qualche anno sto seguendo un mio antico amore, messo da parte troppo a lungo: il lanario. Per la mia tesi in Scienze Naturali vent'anni fa m'ero messo in testa di studiarlo sui monti della Tolfa, figurarsi. Oggi questo straordinario falcone, per certi versi dalla biologia ancora poco nota (parlo della sua sottospecie europea, Falco biarmicus feldeggii), è il rapace più raro del Lazio.
Le sue esigenze ecologiche e il suo comportamento estremamente elusivo lo rendono un vero fantasma. Come riportato dalla letteratura, il lanario è meno pretenzioso del pellegrino rispetto all'ampiezza della parete prescelta per il nido. Sa accontentarsi di poco: una scarpata di arenaria, un calanco tra i campi. Il pellegrino no, da bestia che ama la dimensione verticale pretende a tutti i costi parecchie decine di metri tra il "suo" terrazzino (come quello nella foto qui sopra, di qualche giorno fa) e la base della parete. Visitando molti siti riproduttivi di lanario - oltre ai noti parametri come l'esposizione, prevalentemente S o SE, oppure la quota mediamente bassa - mi ha colpito l'assenza di pareti prospicienti. Davanti al nido, insomma, Falco biarmicus almeno da noi vuole solo una cosa: il vuoto, l'aria. E non, piuttosto, l'altra sponda di una gola un po' stretta oppure l'orlo troppo vicino di una cava dismessa. In questo, e non solo in questo, si dimostra animale assai piu' accorto del pellegrino. Ma il "problema" del lanario è un altro. E cioè che così facendo, snobbando insomma i siti paesaggisticamente più spettacolari come possono essere le pareti rocciose più vertiginose e preferendo quelli magari a margine degli ambienti rurali, rimane fuori dalle aree protette. Dai parchi, insomma. Non a caso nel Lazio i siti riproduttivi della specie, appena 5-7, sono tutti al di fuori delle aree protette o al più - in un solo caso - al margine. Più o meno lo stesso accade in Toscana e probabilmente anche in Molise, Sicilia e altrove. Il lanario rappresenta insomma, almeno da noi, un mondo rurale mediterraneo fatto di colture estensive, casolari isolati, boschetti e siepi, incolti. Un mondo in via di estinzione. Per questo è una specie dal valore anche simbolico e mi ci sono appassionato, ragionando pure - da comunicatore, cioè il mio mestiere, lasciando ad altri la propria parte - sul modo per fare qualcosa allo scopo di contrastare (per quanto possibile) un declino ultimamente più marcato. C'è un SOS da lanciare, insomma. Speriamo di arrivare in tempo. |
Wild Italy
A guide to italian nature (in english) / Una guida (in inglese) alla natura italiana.
click here / clicca qui Facebook
Twitter
Wild Lazio
La mia mostra Wild Lazio è in giro per i parchi della regione. Per orari e aggiornamenti clicca qui.
Rocconi. La valle dei falchi
Un paradiso da scoprire per tutti gli appassionati di natura. Un libro dedicato a una delle aree sorprendentemente più ricche di biodiversità dell'Italia centrale. Qui il comunicato stampa del Wwf Italia. Per maggiori informazioni scrivimi. La mia pagina Facebook
Per seguire facilmente gli aggiornamenti di questa pagina clicca qui in basso
Archives
August 2019
Categories
All
|