Insomma, per la salvezza di Rupicapra pyrenaica ornata c'è ancora da lavorare.
Giovedi scorso altra sgambata al parco nazionale d'Abruzzo, questa volta per cercare di riprendere in modo soddisfacente un animale tra i più belli e caratteristici del nostro Appennino: il camoscio d'Abruzzo. E' proprio durante la stagione invernale, infatti, che questo ungulato mostra il suo abito più bello con il mantello che si arricchisce di un pelame folto, assai più scuro e contrastato di quello estivo. Ho naturalmente trovato un paesaggio innevato, ma non quanto credevo. Sui versanti esposti a meridione, infatti, le temperature raggiunte a metà giornata hanno chiazzato di grigio-roccia il manto bianco. Di notte e alle ore crepuscolari, invece, bel freddo intenso (al mio arrivo prima dell'alba -13°) che forma piccole stalattiti di ghiaccio nelle grotte lungo il sentiero e mette a dura prova i piccoli passeriformi come le cince bigie. Da acrobati nati quali sono, trovo i camosci a brucare tra le cenge più verticali. Più pesanti e numerosi i cervi, che affondando nella neve si spostano a piccoli gruppi al coperto degli ultimi lembi di bosco. Due i passaggi dell'aquila, ma rapidi e per giunta proprio sulla mia verticale: impossibile da inquadrare col 500 montato sul cavalletto! Poco dopo lei, nel cielo è passata una nuvola di gracchi alpini. Ne ho contati un centinaio, fantastici animali che sembrano farsi beffa delle condizioni ambientali proibitive chiamandosi l'un l'altro col ripetuto zirrr e sfarfalleggiando senza apparente destinazione. Proprio in questi giorni il parco nazionale d'Abruzzo è stato consultato dalla IUCN-Unione internazionale per la conservazione della natura allo scopo di valutare una revisione dello status del camoscio d'Abruzzo. La proposta è di assegnare al "popolo delle rocce" non più lo status attuale di endangered (a rischio di estinzione) ma quello di vulnerable, soprattutto in virtù dell'aumentato contingente formatosi sull'Appennino grazie ai parchi a seguito delle operazioni di reintroduzione attuate negli ultimi anni tra Majella, Gran Sasso e Sibillini (ed oggi il numero complessivo dei camosci è intorno alle 1500 unità). Il parere del parco è stato assai prudente, forse per il timore di un allentarsi dell'attenzione della comunità scientifica su uno dei suoi gioielli.
Insomma, per la salvezza di Rupicapra pyrenaica ornata c'è ancora da lavorare.
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Sono tornato da pochi giorni da un Photo Tour al parco nazionale di Hortobagy. Si tratta del più importante parco nazionale ungherese, istituito nel 1973. Ottantaduemila ettari di soli prati, paludi, stagni, piccoli boschi senza che l'orizzonte venga interrotto da colline o montagne. A tutti gli effetti, Hortobagy rappresenta la più grande distesa di pascoli naturali dell'intero continente. Questa enorme estensione di territorio, più vasta del parco nazionale del Gran Paradiso, è di fruizione non facile eppure ospita una ricchissima biodiversità. In particolare gli uccelli contano 340 specie osservate, di cui 160 nidificanti. Nelle osservazioni fanno naturalmente la parte del leone le specie opportuniste, più numerose e visibili, come i gabbiani reali (ma anche altre specie di laridi) ed i corvi. L'obiettivo principale del Photo Tour, inutile negarlo, era però il grande spettacolo naturale rappresentato dalle aquile di mare. Questo grande rapace, che raggiunge quasi i due metri e mezzo di apertura alare, dal becco assai più possente di quello dell'aquila reale, sverna a Hortobagy con un contingente quest'anno rappresentato da circa 190 esemplari. Si tratta di individui tanto immaturi che adulti, che all'approssimarsi della stagione riproduttiva - cioè a breve - tornano poi ai quartieri riproduttivi in Scandinavia, Estonia, Carpazi, etc. Grazie a capanni semi-interrati che garantiscono un punto di ripresa particolarmente basso, e dunque favorevole, e alla presenza di esche alimentari rappresentate da pesci morti deposti davanti ai capanni, scattare fotografie di effetto non è particolarmente difficile anche con attrezzature non professionali. Meno scontato è superare alcuni problemi tecnici in fase di ripresa oppure realizzare immagini non banali, e anche tali temi sono stati oggetto di approfondimento durante il Tour. Quale opportunità più esaltante - per farlo - che avere fino ad otto aquile davanti al teleobiettivo? Tra le specie di uccelli che vivono qui, è stato possibile riprenderne alcune come innanzitutto le oche - tanto selvatiche che lombardelle - i cui giganteschi stormi animano spesso il piatto orizzonte di Hortobagy. In un paesaggio ispirante grande serenità, presso le pozze ghiacciate all'alba, non mancano le occasioni di riprendere scene inusuali di vita selvatica. Dopo quattro giorni reclusi da prima dell'alba al tramonto in quei favolosi cubicula, paradiso di ogni fotografo di animali, ci siamo tolti il piacere anche di alcune riprese ai gufi comuni che affollano nelle ore diurne un locale roost. Sono così volati sei giorni coi miei magnifici compagni di viaggio - Fabio, Massimiliano, Giampiero, Renzo, Claudia: in una parola, grandi! - spesi in discussioni tecniche sulla capienza dei buffers, lo sfocato creativo, la speziatura del goulash... Ma soprattutto giorni, abbiamo convenuto, trascorsi in totale immersione nella vita quotidiana degli animali, da ospiti non visti e per questo capaci ancor più di catturare la straordinaria ordinarietà del mondo naturale. Arrivederci al Photo Tour 2014! Ormai che è notizia ufficiale e l'uscita del primo nuovo numero si avvicina, sono davvero contento di annunciarlo.
L'AFNI, Associazione fotografi naturalisti italiani, mi ha affidato l'incarico di dirigere la sua prestigiosa rivista "Asferico". Che grande onore, guidare l'unico periodico italiano dedicato alla fotografia naturalistica! A condividere questa nuova avventura ho chiamato alcuni amici che oggi compongono la nuova Redazione: Vitantonio Dell'Orto, Mauro Toccaceli, Marco Scataglini, Claudia Camilletti e Adriano Savoretti. Siamo già al lavoro e l'uscita del nuovo "Asferico" è ormai vicinissima. Abbonatevi! |
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