Tutti dedicati ai fotografi naturalisti sono tre capanni, assai ben realizzati e confortevoli, accessibili con modalità particolari di orario e costo (40 euro a giornata) e costruiti espressamente per alcune specie di uccelli. Innanzitutto il martin pescatore, richiamato davanti alle lenti degli appassionati da avannotti di trota appositamente rilasciati, ma poi anche capitano a tiro fagiani e picchi, cince e merli, ghiandaie e nutrie...
Oltre all'Isola della Cona e ad altre riserve friulane (vedi post precedente), nei giorni scorsi ho avuto modo di visitare un altro luogo che ancora non conoscevo e cioè l'oasi di Cervara (in provincia di Treviso). Si tratta di un piccolo paradiso, come ce ne potrebbero essere assai di più, la cui esistenza è garantita da alcune condizioni tanto favorevoli quanto rare tra cui l'esistenza di enti locali sensibili all'ambiente (i Comuni di Quinto di Treviso e Morgano), la presenza di un parco (quello regionale del fiume Sile), la sensibilità e lungimiranza di un soggetto privato (la Fondazione bancaria Cassamarca) nonché, last but not least, la preparazione e passione di un piccolo drappello di persone capitanate dal bravo Erminio F.Ramponi (nella foto accanto col fido 500 mm). Negli appena 25 ettari dell'oasi, sfruttati a dovere per una fruizione davvero completa del pubblico (si paga 4 euro per entrare, tranne riduzioni), le rive fluviali, il bosco, i prati sono il piccolo sorprendente teatro dello spettacolo della biodiversità naturale e ricreata (come nel caso delle cicogne o dei rapaci notturni), ed il contrasto con la ex-campagna circostante frammentata da strade e capannoni e insediamenti urbani lineari non potrebbe essere più stridente. Tutti dedicati ai fotografi naturalisti sono tre capanni, assai ben realizzati e confortevoli, accessibili con modalità particolari di orario e costo (40 euro a giornata) e costruiti espressamente per alcune specie di uccelli. Innanzitutto il martin pescatore, richiamato davanti alle lenti degli appassionati da avannotti di trota appositamente rilasciati, ma poi anche capitano a tiro fagiani e picchi, cince e merli, ghiandaie e nutrie... Infine, tra i motivi di attrazione dell'oasi c'è una grande garzaia composta da circa 300 nidi di airone cenerino, garzetta, airone guardabuoi e nitticora, cui si aggiungono diverse coppie nidificanti di marangone minore. Dai due capanni posti a ridosso della garzaia, a fine giornata, mi sono divertito a ritrarre il ritorno serale ai nidi con tempi lunghi di scatto (e successiva conversione, a parte la prima, in bianco e nero).
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Uno (io) batte in lungo e in largo per un quarto di secolo l'Italia della natura e pensa di conoscerla, almeno nei suoi gioielli superstiti. Poi arriva alla Cona e capisce che no, per fortuna il Bel Paese è ancora capace di farci delle sorprese e quanto gradite! Il naturalista qui accanto si chiama Fabio Perco ed avrei voluto conoscerlo molto tempo addietro. E' stato soprattutto suo il progetto di realizzare, anzi proprio creare alle foci del fiume Isonzo (siamo in Friuli Venezia Giulia, a ridosso del confine con la Slovenia) una riserva naturale fin dagli anni Settanta del secolo scorso. Sue le competenze scientifiche, sua la capacità di aggregare consenso e risorse, sua la caparbietà anticonformista di battersi per la nascita in un'area ex-degradata di uno dei più straordinari santuari naturalistici d'Italia. Chapeau! L'occasione per conoscere Perco e visitare la "sua" Isola della Cona si è presentata la scorsa settimana, quando vi ho trascorso due giorni allo scopo di realizzare un servizio fotografico e giornalistico per una rivista. Oltre alla Cona, come comunemente viene chiamata la riserva delle Foci dell'Isonzo (2338 ettari di superficie, di cui 1154 in mare; anno di istituzione 1996), ho visitato anche le non lontane riserve naturali di Valle Canal Novo, Foci dello Stella e Valle Cavanata. Alla riserva delle Foci dell'Isonzo, fiore all'occhiello della rete regionale di aree protette, l'elevata biodiversità è dovuta da una serie di fattori tra cui la particolare posizione geografica e la gestione attiva da parte dell'uomo. Ad esservi compresi sono gli ultimi quindici chilometri del corso del fiume. Pesci, anfibi, rettili, mammiferi (notevole l'abbondanza di caprioli, da sorprendere all'alba nei campi) appartengono a numerose specie, ma è chiaro che la classe maggiormente rappresentativa è quella degli uccelli. L'identikit della riserva parla di ben 317 specie sulle circa 500 dell'avifauna italiana. Certo è che, in occasione della mia visita, come si vede dalle immagini ho potuto sperimentare di persona la sorprendente ricchezza e varietà di avifauna! Anche grazie a una serie di osservatori e capanni anche espressamente realizzati, la riserva rappresenta senza dubbio una delle più importanti mete d'Italia per la fotografia naturalistica. Sto organizzando per le prossime settimane un piccolo Photo Tour da Roma, gli interessati mi contattino al più presto. Non credo che siano molti gli italiani che hanno visto buona parte delle oasi Wwf. Da Vanzago alle Cesine, da Miramare a Monte Arcosu, il sistema formato da queste piccole aree protette è certamente tra le più importanti realizzazioni dell'associazione italiana del Panda durante i suoi quasi cinquant'anni di esistenza. Anche se alcune mancano ancora all'appello, ho avuto la fortuna di visitarne parecchie e a chi mi domanda qual'è la più bella di tutte - mentre davanti alla stessa domanda sui parchi non so cosa dire ... - una risposta ce l'ho. I cinquecento ettari di Bolgheri - terra toscana pure d'altre eccellenze territoriali quali il viale carducciano di San Guido o il Sassicaia, per dire - sono un'autentica gioia per gli occhi. Un santuario della natura dove il rito è officiato con la dovuta sacralità da Paolo Politi, competente responsabile dell'oasi per il Wwf. Qui la Maremma è com'era, con distese di ginepro e pinete che arrivano fino al mare, campi e prati allagati casa di cinghiali e caprioli, stagni stagionali apprezzati da anatre ed aironi, limicoli e rapaci. Sabato vi ho condotto un workshop, e tra una sessione didattica e l'altra e la prova delle attrezzature c'è sempre poco tempo di far qualche foto anche io (quelle che pubblico e poco più). Ma i miei occhi hanno gioito ugualmente.
Tra i tanti vantaggi del digitale ci sarebbe, c'è quello di convertire in bianco e nero una fotografia con un semplice clic. La verità è che non riesco mai a convincermi che uno scatto che naturalmente ho "visto" a colori, e che pure reputo adatto, venga meglio in B/N. In fondo tra un fotografo naturalista ed i suoi soggetti non vi è un rapporto qualunque (come per chi si occupa di reportage urbano, o di still life, o architettura). La natura è a colori. Queste sono alcune foto scattate ieri mattina, sotto ad una pioggia insistente anche se per fortuna intermittente, al bosco di betulle della Caldara di Manziana (Rm). Le guardo e le riguardo ma i dubbi restano. La mia preferita la metto di seguito con la sua versione a colori. Le tengo tutte e due!
"Il nome del genere (Galanthus) deriva da due parole greche: gala = latte (bianco come il latte) e anthos = fiore. Il nome specifico (nivalis) fa riferimento alla sua precoce fioritura in mezzo alla neve. I riferimenti storici al bucaneve si perdono nella “notte dei tempi”. Viene chiamato “Stella del mattino” perché è uno dei primi fiori ad apparire nel nuovo anno" (sia lodata Wikipedia, sempre sia lodata). Qualche giorno fa assieme a Marco ho trascorso alcune ore al sempre bellissimo parco di Marturanum a fotografare i bucaneve. La mia preferita è quest''ultima, che pubblico più grande: e la vostra?
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