Sono tornato l'altro ieri da un bellissimo Photo Tour in Norvegia, cinque giorni pieni a fotografare la natura della strepitosa isoletta di Runde. Un luogo che ormai conosco abbastanza bene e dove anche quest'anno sono tornato, stavolta con Marsilio, Fabrizio, Franco e Piera. Guadagnati i 300 metri di quota dalla costa rocciosa con una ripida ma breve salita, lungo i sentieri che conducono sul ciglio delle scogliere, la grande attrazione è rappresentata dalle colonie di uccelli marini. Quest'anno le condizioni del mare hanno consentito il periplo via mare, sulla piccola barca di Bjorn, sì da offrirci uno sguardo ancor più ravvicinato sull'incredibile mondo verticale che accompagna le prime settimane di vita di uccelli meravigliosi come le sule, le gazze marine, pulcinella di mare, urie e urie nere, fulmari e gabbiani tridattili (e più in basso marangoni dal ciuffo). I paesaggi di Runde sono sorprendentemente vari per un'isola che misura circa 4x3,5 km. Scogli costieri, piccole spiaggette di sabbia chiara e nera, un altopiano verdeggiante di sfagni e muschi ed eriofori, alcuni torrenti che drenano il terreno quasi sempre ricco d'acqua per le abbondanti piogge, promontori dove sorgono due piccoli fari, alcuni piccoli laghi. E falesie maestose. Gli avvistamenti dell'aquila di mare quest'anno sono stati spettacolari. Perlustrando con la barca le scogliere dal mare abbiamo ammirato il nido dell'unica coppia che si riproduce sull'isola, in posizione eccezionale su un alto e inaccessibile pinnacolo di roccia. Ma ai due adulti in questione si accompagna spesso la visione di diversi immaturi ed altri adulti, che battono quasi incessantemente le falesie per predare nidiacei o individui più vulnerabili perché malati o altro. Cinque giorni a camminare e fotografare, fotografare e camminare, passano presto quando gli spettacoli sono quotidiani. E la luce del grande Nord, presente quasi 24 ore al giorno, fa il resto. L'ultimo giorno un colpo di fortuna: tra le alghe della costa, tre lontre vengono a nuotare davanti a noi che mangiamo un panino sotto la pioggia! E' l'ennesimo incontro entusiasmante per dei naturalisti. Poi si torna in Italia sempre con un po' di magone, ma stavolta si riparte presto, prestissimo, per un altro fantastico Photo Tour. Ancora grande Nord...
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Gli ambientalisti non di primo pelo ricorderanno, come me, il nome di un luogo dell'Italia centrale che tra gli anni Settanta e Ottanta fu al centro di una lunga battaglia culturale per opporsi alla realizzazione di un sistema di dighe: la valle del Farma. Il Farma è un affluente del fiume Merse, a sua volta tributario del più noto Ombrone (quello che sfocia nel Tirreno dentro il parco della Maremma). Siamo in Toscana, tra la provincia di Siena e quella di Grosseto, e il mio amico Riccardo Nardi mi ha mostrato l'ormai storico libricino che raccoglie i materiali di supporto a quelle lotte conclusesi bene - le dighe non si sono poi fatte - al grido di "No alla natura col rubinetto!". A distanza di anni, un paio di settimane fa sono tornato in quei luoghi con po' di tempo per esplorarli. Ho trovato: accessi sempre difficoltosi, nonostante l'esistenza di una riserva naturale che potrebbe curare meglio (sempre in maniera leggera, adeguata alla wilderness dei luoghi) la fruizione; un bel centro visite al Belagaio, troneggiante e... chiuso nel giorno di apertura; le piccole terme di Petriolo circondate dal degrado; pochissimi visitatori, e tutti esclusivamente interessati ai funghi; i funghi, appunto. In definitiva, il luogo mi ha sinceramente deluso. Il bosco ha i suoi angoli wild, eccome, e muschi, funghi e rampicanti (cliccare sulle miniature per ingrandire) lo addobbano adeguatamente. Però nel contesto attuale e soprattutto senza lontra, l'ex star della fauna locale alla cui passata presenza si deve l'avvio della battaglia ambientalista, il Farma è ormai quasi un torrente come un altro. Dal corso solitario, sì, ma fino a quando?
Il parco d'Abruzzo senza più l'orso, ecco. Senza gli animali che maggiormente li rappresentano, anche i paradisi naturali lo sono un po' meno. |
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