Poche decine di chilometri in una valle, ma quando fotografo così il tempo non esiste. Da quando arrivo a quando è buio, perlustro l'ambiente con la giusta concentrazione. Gli spunti sono ovunque ma occorre uno sforzo - piacevolissimo - per focalizzarli e capire come farli rendere al meglio nell'inquadratura.
Difficile resistere al richiamo! Il mio angolo di Lazio preferito, a maggio, a me sembra di una bellezza con pochi paragoni e così anche ieri sono finito a fotografare tra i campi di Tolfa. Poche decine di chilometri in una valle, ma quando fotografo così il tempo non esiste. Da quando arrivo a quando è buio, perlustro l'ambiente con la giusta concentrazione. Gli spunti sono ovunque ma occorre uno sforzo - piacevolissimo - per focalizzarli e capire come farli rendere al meglio nell'inquadratura. E' affascinante il processo di formazione delle immagini nel nostro cervello. Ad attirarlo sono le linee, i colori, un'armonia. Gli aspetti naturalistici più densi del paesaggio fanno la loro parte. Animali, fiori, forme sinuose delle colline, persino il vento. Ecco, ieri ho iniziato col vento. Tolfa è famosa per i rapaci. Non ho fatto incontri particolari, stavolta (a parte un bel lodolaio), ma anche riprendere il comune gheppio sullo sfondo uniforme dell'erba fresca di una collina mi ha dato soddisfazione. Tra un falco e l'altro (e poiane, e nibbi), piccoli passeriformi in canto. Mentre attendevo immobile da quaranta minuti l'involo del lodolaio, avvenuto puntualmente mentre guardavo altro, una volpe è sbucata dal folto di un fosso per venirsi a mettere in posa davanti al mio teleobiettivo. "Ma lascia sta' la volpe e vai ggiù co 'sto cannone, ce stanno du' pappagalli che so' fenomenali, aho". Sì, già visti e già fotografati. Non ho poi capito se i due tizi locali si riferissero ai gruccioni o alle ghiandaie marine, ma dopo averli ringraziati gli ho chiesto se l'avessero poi vista, la volpe che stavo fotografando al loro arrivo: nel prato giusto dietro il loro pittoresco pick-up. "No, ma 'ndove, oh?"
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Si chiama così una bella campagna del FAI, Fondo ambiente italiano, che invita ciascuno a segnalare un luogo del nostro Paese per promuoverne la tutela. Io non vi ho partecipato, ma se l'avessi fatto so già chi sarebbe stato in cima alla mia personale classifica.
Frequento quelle colline da quando sono nato, almeno nato come naturalista. Per la vicinanza, certo, ma non solo. Quella campagna rustica senza superlativi, i profumi della primavera e il calore estivo quasi africano, i nibbi e gli occhioni, le farfalle e le ghiandaie marine, orchidee e spine ... Qui sotto gli scatti di un'alba e di un tramonto di questi giorni (cliccare sulle miniature per ingrandirle). Ho amato l'Akakus libico e il Tassili algerino da restarne sconvolto; un anno senza Estremadura e vado in crisi di astinenza; nella tundra scandinava ogni volta, massì, faccio progetti di trasferimento. Ma davanti ai monti della Tolfa no, non ce n'è per nessuno. Il piano era: alla ricerca di tartarughe.
Emys orbicularis, per la precisione. Conosco un posto a Tolfa dove le trovo da anni, quasi a colpo sicuro. Stavolta volevo riprendere i neonati, la cui schiusa avviene in tarda estate o in autunno: dinosauri in minatura dal carapace poco più grosso di una moneta da 2 euro. Le Emys depongono le uova (da 4 a 9) in un nido scavato nel terreno, profondo una decina di centimetri, e dopo circa 78 giorni avviene la schiusa. Come per le altre tartarughe, anche per le testuggini palustri la temperatura di incubazione determina il sesso dei nascituri: se è sotto i 28-29° nascono maschi, se è più calda femmine. Ma non le ho trovate. Apparentemente sparite. Un altro posto, un canale lungo la strada dove ne avevo vista talvolta qualcuna, era desolatamente asciutto. Naturalmente ho ripiegato sul quel che ho trovato: rospi comuni e una natrice. Tornando indietro, sui campi della bassa valle del Mignone, quattro gheppi in caccia giocavano ai grillai. Mentre più avanti l'aquila minore in fase chiara - inconfondibile - era proprio lei: s'è fatta vedere per una manciata di secondi, poi è sparita verso nord. I tori non c'erano e neppure gli stagni, eppure ieri mattina la vista di 61 aironi guardabuoi che marcavano stretto un gregge di pecore nei prati della bassa valle del Mignone, a Tolfa, non poteva che ricordarmi i paesaggi del delta del Rodano. Un tempo si vedevano e fotografavano soprattutto lì, i guardabuoi, mentre negli ultimi anni abbiamo assistito a una loro diffusione impressionante anche da noi. In ogni caso, così tanti assieme a Tolfa non li avevo mai visti.
Le colline di Tolfa, sempre loro. Ci sono stato due volte in questi ultimi dieci giorni ma quando il sole va giù hai fatto sempre troppe poche cose, il giro che avevi in mente resta incompiuto. Ovunque motivi per una sosta, una "sbinocolata", un appostamento.
Qui in alto alcuni degli scatti migliori (no crop, solo a quello del biancone un'aggiustatina all'inquadratura). Di particolare interesse i grillai, trovati in un gruppetto di 5-6 (e forse di più) a caccia di insetti sui campi nella bassa valle del Mignone. Quello in foto s'era appena involato dall'eucalipto utilizzato come posatoio, per poi riprendere la caccia in cielo assieme al gruppo: bellissimi ! Per i naturalisti romani sono la vera, più vicina ricompensa al traffico di auto che avviluppa la città, rendendo sempre più difficile anche uscirne. Raggiunta l'Aurelia, ecco il piccolo bivio che sale al cimitero. Da qui in avanti le colline di Tolfa possono regalare molte sorprese. Stamani sciami nervosi di passeri e storni, saltimpali in agguato sulle recinzioni, fringuelli, poiane, una volpe guardinga tra i campi. Ma, soprattutto, tre nibbi reali che incuranti del calendario già incrociavano il loro volo leggero fischiando nell'aria.
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