L'inverno è finito. Trovate uno stagno dove i rospi gracidano i loro richiami, i maschi agguantano le ben più grosse femmine nel tipico amplesso ascellare, i cordoni di uova si tendono tra la vegetazione sommersa. Anche se gli anfibi sono oggi tra i gruppi animali più minacciati, uno spettacolo che si rinnova ogni marzo. Da non perdere.
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A inizio estate condurrò un Photo Tour di una settimana presso uno dei santuari ornitologici del Nord Europa, paradiso dei fotografi naturalisti e dei birdwatchers: l'isola di Runde, in Norvegia. E' con soddisfazione che comunico che l'Ufficio del Turismo Norvegese ha riconosciuto l'interesse del Photo Tour. Grazie a questa collaborazione il costo di iscrizione è ribassato di 100 euro (la scheda del viaggio a questa pagina del sito). Non è un'occasione da non perdere? Da 5 a 15 centimetri di fusto. Suoli preferiti quelli calcarei. Habitat prediletti boschi di faggio o querce. Periodo di fioritura questi giorni dell'anno.
Come giovedi scorso sui Simbruini, lungo l'Appennino Hepatica nobilis (erba trinità o anemone fegatella) annuncia il ritorno della primavera. Dal 17 marzo al 15 aprile 2012 la mostra "Wild Lazio" - che ho realizzato per conto dell'ARP - sarà ospitata al Museo della Tuscia Rupestre di Barbarano Romano, in Viale IV Novembre s.n.c., Barbarano Romano (Vt) .
La mostra sarà visitabile il sabato e la domenica dalla ore 10.00 alle 12.00 e dalle ore 15.00 alle 17.00. Nei giorni infrasettimanali l'apertura sarà su prenotazione per gruppi e scolaresche (tel. 3200221737 – 3470191536 email: [email protected] – [email protected]). "In una regione dall’identità geografica e fisica assai poco definita, come il Lazio, la Tuscia rappresenta l’eccezione che conferma la regola. Oltre che un toponimo d’indubbio successo, se si contano le pagine web – circa un milione ! – selezionate su Internet da un qualunque motore di ricerca. Questo è il Lazio “etrusco”, stretto tra la costa tirrenica e il fiume Tevere, plasmato nei teneri tufi che testimoniano degli antichi apparati Ceriti (gli attuali monti della Tolfa), Vulsini, Cimini e Sabatini. Oggi dal punto di vista amministrativo s’identifica con la provincia di Viterbo, che a sud sfuma in quella di Roma – sulla linea Civita Castellana-Civitavecchia – perlopiù senza percettibili variazioni di paesaggio. E’ proprio qui che si estendono i più singolari parchi del Lazio. Territori mai estesi se misurati sulla carta, ma a un’esplorazione sul terreno assai più vasti per via di una morfologia complicata. Cavoni, tagliate, vie buie sono tra i termini che designano ciclopici percorsi scavati nella roccia dagli etruschi e oggi percorsi da visitatori stupefatti. Anche laghi e corsi d’acqua movimentano un paesaggio segnato da remoti eventi geologici e dalla storia dell’uomo, che si estende fino al mare di Tarquinia (l’antica Corneto) e, verso nord, alle alture del Rufeno. Necropoli scavate nelle forre, dove felci e boscaglie si avvantaggiano dell’elevato tasso di umidità, offrono antri e cavità alla fauna. Sono gli aculei dell’istrice rinvenuti davanti a una tomba di venticinque secoli fa, la cifra più autentica – e unica – dei parchi del Lazio" (dalla mia guida ai parchi del Lazio edita qualche anno fa da Giunti: scusate l'autocitazione ma vado un po' di fretta...). Domenica prossima condurrò un workshop in questi incredibili luoghi e lunedi ho effettuato un ultimo sopralluogo, scoprendo con piacere che l'arrivo ormai prossimo della primavera ha decorato le forre di fioriture. Qui alcune delle foto che ho fatto a bucaneve, scille, primule, anemoni, crochi....
Ormai cinque anni fa e cioè nel 2007, a cura di Alessandro Andreotti e Giovanni Leonardi, è stato pubblicato il Piano d’azione per il Lanario (Falco biarmicus feldeggii) redatto dall’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica su incarico del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (con la collaborazione di alcuni Dipartimenti universitari, Enti gestori di aree protette, Organizzazioni non governative, nonché di numerosi collaboratori, tra cui diversi specialisti che si sono occupati negli ultimi anni della conservazione e del monitoraggio delle popolazioni nidificanti nelle diverse realtà regionali). Basta scrivere su Google "lanario piano d'azione" e vi apparirà il link da cui scaricarlo liberamente. Ne estraggo un po' di notizie. 140-172 le coppie stimate che compongono la popolazione italiana, la principale del Paleartico occidentale. 70-80 le coppie in Sicilia, la regione in testa alla sempre più striminzita classifica della specie nel nostro Paese (seguono Puglia, Basilicata, Umbria ed Abruzzo). Minacce principali: perdita di habitat, degrado ambientale, perdita di siti riproduttivi, frammentazione dell'areale, disturbo antropico, caccia e bracconaggio, prelievo di uova e pulli, inquinamento genetico etc. Alcuni interrogativi, forse più di altri, stimolano la discussione tra gli appassionati e preoccupano tutti quelli (pochi, troppo pochi) che manifestano attenzione e sensibilità nei riguardi di una specie così preziosa e affascinante. Per esempio. Quanto incide sulla contrazione dell'areale dei lanari italiani la contemporanea espansione del "cugino" falco pellegrino? E dove vanno i giovani lanari una volta abbandonato il territorio dove sono nati? In Sicilia, come riporta Giovanni Leonardi che guida localmente un gruppo di ricercatori, negli anni passati sono stati inanellati oltre 50 giovani ma di nessuno di questi si ha avuto notizia !! Certamente occorrerebbe più ricerca scientifica, e più attenzione da parte delle associazioni ambientaliste. E dei poveri media italiani, cui spiegare che no, non si tratta di artigiani della lana... Nell'attesa inizio io, a mettere il lanario in prima pagina (vedi nuova foto in HOME: approfitto per chiarire che è possibile fermare lo slideshow di tutte le GALLERIES, HOME inclusa, cliccando sulla foto e poi sul simbolo "pausa" oppure "indietro" o "avanti"). Come al solito, si sono fatti vivi ben dopo il mio arrivo. Un verso stridulo, lungo, ripetuto due volte e poi smorzato. Fino ad allora la parete sembrava inanimata. L'alba ha prima arrossato, poi inondato di luce piena il bosco e i prati e il catino di roccia. Il giorno dei lanari è iniziato con un accoppiamento, acrobatica unione su cenge a strapiombo, più tregua momentanea tra due spietati predoni del cielo che atto d'amore. Un breve crescendo di suoni selvaggi e poi anche l'eco s'è spento, e quando il maschio si è posato davanti a me un colpo di vento ha fatto cadere un lembo del telo mimetico. Un errore che m'è costato venti minuti di sofferenza, costretto all'immobilità totale - per non tradire la mia presenza - con le gambe contratte e una spada di calcare nella schiena. Ma chi fotografa i rapaci negli zoo variamente denominati, talvolta pure patrocinati dai parchi (incredibile !), cosa ne sa del brivido che ti procura un falcone che sfreccia a pochi metri dall'albero dove sei nascosto ? Una fatica fisica non indifferente, ore di attesa e contorsioni nelle posizioni più assurde, uno spicchio di aria dove attendere quel siluro in volo e prima inquadrarlo col 500, poi metterlo a fuoco, e poi pigiare lo scatto e incrociare le dita... Undici ore di appostamento alba/tramonto così e saresti pronto per il letto, più che per l'autostrada... Mille e mille accortezze per riprendere questi animali meravigliosi senza arrecare nessun disturbo, senza sgarrare mai, i giudici più severi tu e la tua scheda SD (che a un errore anche minimo resta inesorabilmente vuota).
Improvvisazioni zero ma pazienza tanta, conoscenza dell'animale, magari un po' di manico, passione da vendere. Avete presente, roba straordinaria come poche: si chiama fotografia naturalistica. |
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