Per il farfaraccio che spiega le sue foglie sontuose color smeraldo, stavolta, ho scelto un'inquadratura a metà tra acqua e aria. In Home da adesso.
PS - dopo il restyling del sito, la foto si trova nella pagina Projects - Simbruini Nature Park
Si chiamano Aniene e Simbrivio i due straordinari fiumi che fanno speciale, tra le altre cose, quel parco dei Simbruini cui da qualche tempo sto dedicando le mie attenzioni. Corsi d'acqua ancora ricchi di vita, di animali e piante che l'inquinamento (pure presente, purtroppo, almeno il meno pericoloso e cioé quello visibile) non ha ancora piegato.
Per il farfaraccio che spiega le sue foglie sontuose color smeraldo, stavolta, ho scelto un'inquadratura a metà tra acqua e aria. In Home da adesso. PS - dopo il restyling del sito, la foto si trova nella pagina Projects - Simbruini Nature Park
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La mia mostra Wild Lazio realizzata per l'Arp - Agenzia regionale parchi - è ora esposta alla Casa del Mare, centro di documentazione e di educazione ambientale dell'area marina protetta delle Secche di Tor Paterno, inaugurata di recente. L'indirizzo è via del Canale di Castel Fusano al Borghetto dei Pescatori (la mappa qui).
La mostra, a ingresso gratuito e fino al 17 luglio, è visitabile nella sola giornata del martedì dalle 10 alle 17 (info tel. 06 35405310). I grifoni "si fanno" in Spagna, Estremadura (o Pirenei ...). Come l'aquila in Norvegia, l'orso in Finlandia e via proseguendo di luogo comune in luogo comune a realizzare una vera e propria geografia di una pratica che assomiglia più al turismo mordi-e-fuggi che alla fotografia naturalistica. La principale popolazione europea di questo affascinante avvoltoio è effettivamente quella spagnola, dove le colonie contano non di rado un centinaio di coppie. Si tratta infatti di una specie coloniale che nidifica sulle pareti rocciose, dove si possono trovare gruppi di 50-60 esemplari e anche più. In Italia questo uccello si è estinto per una serie di cause tra cui la persecuzione diretta da parte dell’uomo - in particolare con la pratica dei cosiddetti “bocconi avvelenati”, con effetti micidiali per una specie necrofaga - ma in definitiva soprattutto per le modificazioni ambientali e sociali delle campagne. L’urbanizzazione crescente e la scomparsa o la rarefazione della pastorizia - cui la presenza del grifone è viceversa legata a filo doppio, essendo una specie che si nutre essenzialmente di carogne – hanno significato via via in tutte le aree un tempo occupate nel nostro Paese la condanna all’estinzione. La sua storia in Appennino è iniziata nuovamente nel 1994, dove da allora e fino al 2002 il Corpo Forestale dello Stato ha intrapreso un'azione di reintroduzione che ha interessato principalmente la riserva naturale Monte Velino (poi ricompresa entro i confini del parco naturale Sirente-Velino). Dopo un periodo di ambientazione in voliera sono stati rilasciati in natura un centinaio di individui, a cui dal 1997 si sono aggiunti i circa duecento nuovi nati dalle colonie insediatesi su diverse pareti rocciose dell'area. Oggi considerate da molti con scetticismo - "non si forza la mano alla natura, e soprattutto alle modificazioni di origine antropica che ne condizionano l'evoluzione" - se ben condotte le reintroduzioni ci restituiscono quel che abbiamo perso senza dover aspettare i tempi lunghi dei processi adattativi. E in Appennino centrale, nel territorio di circa 100 comuni nel raggio d'azione delle colonie di grifone oggi insediate, esistono circa 300.000 capi di bestiame tra mucche, capre, pecore e cavalli. Ripeto: trecentomila bestie al pascolo, tra radure e boschi, spesso allo stato brado. Immedesimatevi in un avvoltoio, oppure in un lupo... Il ritorno del grifone (cliccare sulla foto per ingrandirla) non è solo un vezzo nostalgico dei soliti verdi, allora, ma l'anello finale di una catena ancora viva ed attuale che ha legato assieme uomini e ambiente per secoli sulle montagne della nostra dorsale peninsulare. Così, le osservazioni quotidiane delle squadre di spazzini volanti sono ormai spettacolo quotidiano in un ampio fronte montuoso a cavallo tra Lazio e Abruzzo, comprendendo Velino e Sirente, Duchessa, Simbruini, Nuria, Gran Sasso ... In finale una nota personale. Rincantucciato in un enorme e spinoso (ahia) biancospino e circondato da almeno 18 grifoni che pasteggiavano animatamente attorno a una vacca morta, riflettevo ieri su tre cose tra le altre: 1) ho capito a cosa s'è ispirato Peter Jackson per il sinistro verso dei draghi volanti dei Nazgul nel suo "Signore degli Anelli" (il Collins definisce il verso del grifone "hissing and hoarse grunting notes", cioè più o meno note sibilanti e rochi grugniti); 2) ho individuato anche i grifoni tra le potenziali vittime della ottusa, ancor prima che razzista, politica dell'immigrazione di stampo leghista oggi al governo (niente più immigrati, niente più pastorizia sulle nostre montagne); 3) ho pensato all'Estremadura, ovvio per un fotografo naturalista, ma che pure st'Appennino, però ... Da qualche settimana è on line il nuovo portale turistico della Regione Lazio. Si chiama ilmiolazio e contribuire alla sua ricchissima dotazione di immagini è stato un lavoro impegnativo che ha preso molto del mio tempo negli ultimi mesi.
Non credo di temere smentite, vista la diretta partecipazione alla sua realizzazione - curata dall'agenzia regionale LAit - se lo ritengo uno dei più ricchi e anche innovativi sul piano nazionale. Credevo di conoscere abbastanza bene la mia regione, e difatti ho avuto poche sorprese sul campo, ma questo lavoro mi ha fornito l'occasione per scoprire alcuni angoli che mi hanno piacevolmente colpito. E allora un invito, in particolare ai romani: prima di affannarvi davanti ai siti dei voli low cost, guardatevi intorno !! Prima dell'alba, anche il mondo più variopinto lo è un po' meno.
Stamani tra le cinque e le sei ho incontrato sulla mia strada una coppia di ghiandaie marine, in evidente comportamento territoriale, e una civetta sul tetto di una baracca. Poi è arrivato il sole e con lui il quotidiano concerto di strillozzi, cappellacce, allodole, cardellini... Altra colour session in un prato fiorito.
Stavolta non è Alto Lazio ma proprio Maremma doc, quella fantastica e appartata di Roccalbegna (Gr) alle porte della selvatica riserva di Rocconi (cui l'anno scorso ho dedicato un libro, con i testi di Riccardo Nardi). Un fazzoletto di terreno inclinato tra la strada sterrata che porta all'oasi e una macchia bordata di querce: mai visto tanto giallo insieme ! Difficile scegliere le inquadrature, e anche davanti allo schermo non so decidermi su quale siano le migliori... Ho trascorso le due ultime giornate tra le faggete dei monti Simbruini, per osservare e fotografare il picchio dorsobianco. In Italia questo picide, Dendrocopos leucotos il nome scientifico, è presente con la sottospecie lilfordi in Abruzzo e nel Lazio (ed in Puglia nel Gargano, secondo segnalazioni meno certe). Si tratta di uno dei picchi più specializzati, il più raro del Lazio (60-80 le coppie stimate, su circa 300 a livello nazionale), ed è ritenuto un indicatore di habitat forestali maturi. Sui Simbruini, come nei parchi abruzzesi, la protezione delle faggete dai tagli indiscriminati dovrebbe in teoria portare a un incremento numerico di questa esigua popolazione, ma dati certi e dunque tranquillizzanti in tale senso ancora non ve ne sono. Per il momento conforta sapere che quest'uccello è oggetto di studi e monitoraggi, che nel parco più grande del Lazio vengono effettuati dagli stessi guardiaparco con scrupolo e non poche difficoltà soprattutto a causa dell'innevamento agli inizi del periodo riproduttivo. Per un fotografo naturalista, c'è poco da dire, si tratta di un soggetto dal grande interesse. Seguendone le tracce da alcune settimane - e dopo essermi studiato la letteratura esistente e parlato coi ricercatori - ho potuto osservarne diverse coppie, indagarne il comportamento col binocolo, fotografarli in situazioni differenti. Una specie perfettamente evoluta (definizione pleonastica, mi rendo conto, l'evoluzione è .. una cosa seria: ma traduce meglio la mia ammirazione) insieme all'ambiente in cui vive: silhouette e portamento "verticali"; barrature del piumaggio in funzione mimetica, con concessione alle esigenze pro-riproduzione (il vertice rosso acceso nel maschio) quel poco che basta; mirabile adattamento di sistema scheletrico e muscolare del cranio per assestare i micidiali colpi di becco e ammortizzare le relative sollecitazioni sull'encefalo, proprio di tutti i picchi; un paio di "ramponi" straordinariamente efficaci... Nella sottospecie lilfordi l'assenza della vistosa macchia bianca sul groppone, ragione stessa del nome della specie, ha portato gli ornitologi ad assegnargli il nuovo nome di picchio dalmatino. Ma è difficile abituarsi, tanto più se avvistarlo e fotografarlo è un sogno a lungo inseguito che finalmente si avvera ! Ho messo uno degli scatti, ancora caldo di scheda, nella home di giugno come foto del mese. |
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