Puoi sbatterti - mi sono sbattuto qualche anno fa - per settimane alla fine della primavera, alla ricerca del fantasma del greto. Per un paio di stagioni. Osservazioni da lontano, sotto al sole, in una logorante sfida col più elusivo dei non-rapaci capace di comportamenti incredibili cui crede solo chi ha avuto la fortuna e la pazienza di assistervi: passi al rallentatore, becchettamenti "distratti" (gli etologi lo chiamano atteggiamento sostitutivo), voli e fischi per distogliere l'attenzione, persino cove simulate. Settimane di ricerca senza fare una foto, tornando a casa a mani vuote coi figli che canzonano alla sera una passione a volte difficile a comprendere.
Poi una mattina presto, l'altra mattina, dopo un anno torni su uno dei terreni di gioco e al primo colpo risolvi tutto. Piazzare il capannino, montare il 500 sul cavalletto, attendere già al caldo quella testa da pazzo con gli occhi fuori misura che farà capolino dietro il cespuglio laggiù: tutto in automatico, tutto immaginato molte volte.
E' il giorno dell'occhione.